La neuropsicologia è la disciplina che studia il rapporto tra cervello e le funzioni cognitive.
L’intervento neuropsicologico ha come oggetto le capacità cognitive; è possibile articolarlo in due momenti distinti: la valutazione e la riabilitazione (potenziamento).
L’intervento neuropsicologico può rendersi necessario per identificare precocemente alcune problematiche cognitive, conseguenze di danni cerebrali provocati da eventi patologici di diversa natura (ictus cerebrali, traumi cranici, patologie neurodegenerative come le demenze, deterioramento cognitivo) oppure può essere rivolto a coloro i quali necessitano il potenziamento delle proprie capacità cognitive come conseguenza di patologie neurologiche o dovute al normale decadimento cognitivo causato dall’avanzare dell’età.
Identificazione dei deficit cognitivi
Valutazione delle funzioni cognitive attraverso la somministrazione di test standardizzati, per la definizione dei deficit e delle capacità residue a seguito di eventi o patologie neurologiche (ictus ed emorragie cerebrali, malattia di Parkinson, malattia di Alzheimer, traumi cranici, sclerosi multipla), e/o per verificare un sospetto deficit mnesico.
Trattamenti di riabilitazione neuropsicologica
Training cognitivi volti al recupero o alla compensazione dei deficit conseguenze a deficit neurologici (potenziamento delle funzioni cognitive come attenzione, memoria, funzioni esecutive e di controllo). L’obiettivo è quello di allenare le funzioni deficitarie, fornendo le strategie e gli strumenti più utili.
Interventi di stimolazione cognitiva
Interventi di stimolazione cognitiva sia come valido intervento preventivo rispetto all’invecchiamento cerebrale e alla demenza, sia come intervento di mantenimento in quei soggetti che presentano già un deterioramento cognitivo (come contributo al mantenimento delle abilità residuali). Sono possibili sia interventi individuali che di gruppo.
Supporto ai familiari e ai caregiver
Caregiver significa letteralmente “colui/colei che fornisce cure”, che accudisce chi ha subito una perdita o una diminuzione dell’autonomia, per vari motivi (disabilità, demenza…)
Occuparsi di una persona che necessita quotidianamente di aiuto e supporto può portare a un eccessivo carico emotivo, che può incidere negativamente sulla salute, aumentando lo stress, gli sbalzi d’umore, l’evitamento delle relazioni sociali, la stanchezza e il senso di colpa per il timore di non essere adeguati al compito. Questi fattori possono influenzare il buon esito del compito assistenziale, ma anche manifestarsi sul piano fisico e psichico di “chi si prende cura”.
Affinché il caregiver possa prendersi cura al meglio del proprio caro, è fondamentale che riesca a prendersi cura di se stesso.
Il “caregiving” è un’attività difficile, stancante e destabilizzante e non bisogna aver paura o vergogna di ammettere le difficoltà, prendersi dei periodi di riposo e degli spazi dedicati al proprio benessere e ai propri interessi.
I colloqui di sostegno, in modalità individuale o di gruppo, per la promozione del benessere psicologico di persone con pesante carico assistenziale nei confronti di familiari con malattie neurodegenerative sono volti a una migliore comprensione e accettazione di sé, della malattia del proprio caro e dei cambiamenti ad essa connessi.